Nei secoli centrali del Medioevo (secc. XI-XIII) le scuole costituiscono l'operosa officina dove al latino si imprimono forme idonee a esprimere il mondo che cambia: "L'Europa medievale è l'unica società tradizionale conosciuta nella storia a essersi modernizzata dall'interno" (M.L. Colish). Se è ben noto che l'ars dictaminis è stato il nuovo ambiente culturale (l'Università, il Comune) dove, nel nome della retorica, hanno trovato il loro linguaggio il diritto e la politica, altri due campi richiedono con urgenza di essere perlustrati: l'apporto delle scuole, anche di quelle monastiche a ridosso della nascita degli Studia, alla formazione di un linguaggio con cui i laici hanno potuto esprimere sentimenti ed esperienze personali come l'amore, l'amicizia, la vita familiare; l'eccezionale tentativo di uno dei più originali maestri dell' ars dictaminis bolognese, Boncompagno da Signa, di estendere la sua intelligenza indagatrice ben al di là della sua disciplina di pertinenza, la retorica, inoltrandosi verso la psicolinguistica e la sociolinguistica. Nell'uno come nell'altro caso il Medioevo sarà inteso come la lunga età della diglossia culturale nei termini indicati da J. Ziolkowski, e la sterminata letteratura mediolatina sarà vista come "un'isoletta nel mare dell'oralità" (A. Ja. Gurevich). Le scuole come incunabolo di secolarizzazione.