Il progetto di ricerca si pone come obiettivo la caratterizzazione minero-petrografica e composizionale dei materiali costruttivi dell'acquedotto Traiano quali malte, intonaci, laterizi, cocciopesto e frammenti di rocce vulcaniche. Inaugurato nel 109 d.C. e rimaneggiato sotto il pontificato di papa Paolo V (1605-1621), con il suo tracciato di 57 km da Bracciano fin nella città di Roma, l'acquedotto Traiano si configura come il più lungo acquedotto antico ancor oggi in uso, rifornendo le fontane monumentali di Roma, tra cui il 'Fontanone' al Gianicolo, quelle collocate a Trastevere e nello Stato Vaticano.
Per la caratterizzazione di elementi costruttivi molto diversificati che permetta di far luce sulle tecniche di realizzazione, l'approvvigionamento dei materiali e le differenze tra quelli utilizzati in epoca traianea e quelli in epoca papale è fondamentale applicare un approccio multi-analitico che includa la microscopia ottica in luce polarizzata in sezione sottile (MO), la spettroscopia Raman, la spettroscopia infrarossa in trasformata di Fourier (FTIR), la fluorescenza a raggi X (XRF), le analisi termo-gravimetriche (TGA, DTA), la microscopia elettronica a scansione con microanalisi (SEM-EDS), l'analisi mediante microsonda elettronica (EMPA) e la diffrattometria a raggi X (XRPD). I risultati permetteranno di ricostruire la natura dei materiali utilizzati, definendo le tecnologie di produzione e la provenienza, consentendo quindi di identificare i siti di approvvigionamento e definire se nel passato fossero o meno utilizzate cave di prestito.
Inoltre, l'acquisizione di dati archeometrici anche mediante strumentazioni portatili sarà utilizzata per stabilire se esistano dei parametri che permettano di distinguere senza campionamento malte e cocciopesto prodotti in età traianea da quelli rimaneggiati in epoca papale. Questo protocollo di indagine potrebbe essere utile in futuro nella ricognizione e valutazione dei tratti non ancora indagati dell'acquedotto Traiano.