L'ipotesi di partenza vede nei diritti umani temi particolarmente rilevanti e in divenire, tanto da essere classificati per "generazioni", in relazione alla loro insorgenza nell'agenda delle priorità internazionali (Archibugi, Beetham,1998; Bobbio,1990; Rodotà,2013; Touraine,2017). Tuttavia, essi sono spesso esclusi dai media mainstream o relegati a linguaggi e format comunicativi inaccessibili ai più. In Italia questi temi sono affrontati sporadicamente, in funzione di eventi traumatici e facilmente spettacolarizzabili (Perniola,2009; Debord,1967, Gavrila,2013). La relazione biunivoca tra i temi delle agende pubbliche e la comunicazione è stata anticipata già negli Anni '80, nel McBride Report, dove il direttore generale dell'Unesco sottolineava la chiara incidenza di quanto passa attraverso i media cosiddetti di massa sulle ampie platee e il rischio che questi vengano asserviti a interessi meschini e trasformati in nuovi strumenti di potere, "giustificando gli attentati alla dignità umana ed esasperando le ineguaglianze già esistenti tra le nazioni e all'interno di ognuna di esse" (Amadou-Mathar M'Bow,1982, p.14).
Nell'attuale contesto, a distanza di più di un trentennio e in ambiente socio-culturale, geopolitico e tecnologico profondamente mutato, viene confermato il convenzionalismo dei media e la loro incapacità di raccontare il mondo che cambia. Il progetto, si propone, in risposta a tale ipotesi, di delineare alcune conseguenze di questo nesso strategico in termini sociali, comunicativi ed educativi, tentando di mettere le basi per un nuovo "Rapporto sulle comunicazioni nel mondo", aggiornato ai tempi della transmedialità e della Rete e applicato al tema sensibile del rispetto dei Diritti umani. La nostra proposta è quella di elaborare un modello comunicativo-educativo, a partire dallo studio della normativa e della letteratura scientifica nazionale e internazionale, dall'analisi dei dati secondari e dall"indagine empirica su opinion leader e giovani.