Le prestazioni dell'organismo edilizio esistente alla scala del tessuto urbano. La ricerca di indicatori morfologici.
Tornare a interessarsi, ancora una volta, di morfologia dei tessuti urbani, di tipologie edilizie e di tecniche costruttive degli aggregati non è un atteggiamento un po’ retrò, passatista di recidivi morfo-tipologi o di geografi urbani, bensì appare una necessità per chi cerca di definire criteri per una sostenibilità possibile e obiettivi effettivamente raggiungibili per l’edilizia diffusa delle città e in particolare di quelle mediterranee in tempi certi ancorché ardui da conseguire. L’evoluzione della città mediterranea è la dimostrazione, a ben vedere, di una forte resilienza che risiede nei caratteri della sua materialità e nella capacità che ha dimostrato di seguire la persistenza e la modificazione dei processi immateriali che la investono. Fine principale è pertanto quello di conseguire, o meglio ripristinare, una resilienza della struttura urbana compatta mediterranea (D’Amico e Currà 2014) e allo stesso tempo definire in termini realistici una sua possibile sostenibilità, consentendole di raggiungere, nel campo delle risorse, quegli obiettivi che la Comunità Europea ha posto, come una delle ragioni stesse della sua sopravvivenza: consapevoli tuttavia del fatto che gli obiettivi comunitari sono prevalentemente attagliati sul bene edilizio da costruire, sugli edifici a venire, e appaiono pertanto innovativamente raggiungibili solo in una fase espansiva dell’edilizia, che appare difficile da stabilizzare nell’attuale contesto economico e produttivo.
La vecchia città europea è attualmente abbandonata nel territorio di un generico e quanto inefficace o dannoso retrofit, senza che ne venga analizzata in modo funzionale la fisicità della sua costituzione alla scala di tessuto edilizio e senza sapere quale sia l’entità del fenomeni fisici che la aggrediscono.
Cosa fare dunque per impedire la sua violenta modificazione e la sua definitiva emarginazione nel mondo del reale piuttosto che in quello del virtuale, e in particolare della Città Compatta Mediterranea (CCM), unitamente ai caratteri locali che la determinano, travolta dalla vana rincorsa di obiettivi tecnologici irraggiungibili, ancorché vaghi, se non rivalutarla, considerarla per quei valori locali che la connotano e la identificano, senza sposare il riduttivo, debole approccio estetizzante alla sua mitica bellezza, oggi così di moda? Per ri_valutarla a partire dal suo campione, CCM appunto, è necessario determinare scientificamente il comportamento delle categorie che ne descrivono la forma e la struttura a livello di tessuto edilizio denso e compatto, mettendo a punto efficaci e affidabili strumenti di modellazione dinamica in grado di seguire studiosi e progettisti nel loro lavoro di analisi, di comprensione del fenomeno urbano ed edilizio e di adeguamento e prefigurazione del suo destino a venire; cercare, con quella pazienza, che secondo Le Corbusier contraddistingue sia la ricerca che la prefigurazione nella modernità scientifica, dapprima di verificare se esistano relazioni tra le varie categorie che la misurano e la caratterizzano (densità, morfologie, tipologie e tecniche costruttive) e i fenomeni fisici, micro_climatici che in CCM si verificano e che ne caratterizzano la prestazione meccanica d’insieme e l’urban phisics, il comportamento climatico appunto, piuttosto che esclusivamente energetico, e di misurarne valore e intensità.
L’attenzione nei confronti di CCM e delle sue caratterizzazioni categoriali, in primo luogo morfo-tipologiche, a ha inizio, ancora una volta, nel territorio meccanico del suo comportamento in relazione agli eventi sismici che drammaticamente ne minano, sotto l’aspetto della sicurezza, la già compromessa agibilità.
Per quanto attiene la sicurezza, la ricerca scientifica sul tessuto edilizio si concentra, quasi subito, sull’aggregato, definito, sulla scorta di diverse definizioni, come un sistema complesso, un insieme organico e s