Kengo Kuma e la vocazione del piccolo. Progettare per la moda

01 Pubblicazione su rivista
Spita Leone
ISSN: 1590-1394

L'architetto giapponese Kengo Kuma si può comprender solo attraverso l’ossimoro. In lui coesistono, come detto, le contraddizioni del Giappone e dell’uomo che: vuole “cancellare l’architettura” mentre la realizza; insegue i piccoli incarichi fuori dai centri urbani e progetta lo stadio per le Olimpiadi di Tokyo 2020; si immerge con pervicacia nelle tragedie dello Tsunami del 2011, dell’incubo atomico di Fukishima e degli sfollati al terremoto mentre dialoga col mercato della vanità e del lusso. Quando il mondo della moda lo chiama per realizzare alcuni interni è alla tessitura che egli si riferisce per dare forma alle sue visioni.
L’ ingresso nel fashion realm è del 2003 con il One Omotesando, sede del gruppo LVMH (leader mondiale nel settore del lusso); edificio iconico che ancora si staglia orgoglioso all’inizio dell’omonimo viale, definito la strada del lusso, un laboratorio architettonico a cielo aperto dedicato ai flagship store delle case di moda.
Dal 2003 ha realizzato in Giappone e nel mondo un cospicuo numero di edifici e di interni per il sistema moda. Nel 2010 inizia la collaborazione con la Shang Xia per una boutique dell’omonimo marchio cinese sotto il controllo di Hermès. Shang Xia interpreta le tradizioni e l'artigianato della Cina in modo contemporaneo per realizzare piccoli articoli fatti a mano e di edizione limitata. Per ben rappresentare il DNA di una ditta che cerca di superare i preconcetti della moda a scala globale, investendo nel locale, era necessario coniugare il moderno con il rispetto per le tradizioni. Non uno spazio che si conceda alla nostalgia e neppure una boutique di lusso iperurbana. Pensando alla dicotomia tra vecchio e nuovo, fragile e forte, si imbatte in un metodo di tessitura triassiale applicata agli abiti

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