L’«immagine-racconto» di Pavese. Una lettura della "Bella estate"
Le pagine iniziali del Mestiere di vivere composte fra il 1935 e il 1939
conservano una serie di riflessioni esplicitamente dedicate alla forza evocativa dell’immagine e al ruolo determinante che il linguaggio figurativo esercita
all’interno del sistema compositivo dell’autore. Un linguaggio che diventa protagonista assoluto nel romanzo breve La bella estate, edito nel 1949 ma composto nel 1940, a margine delle riflessioni diaristiche sul valore delle suggestioni
visive nella scrittura letteraria. L’opera è interamente costruita intorno alla
produttività di un’«immagine-racconto» che arriva a definire e risolvere tutti
i livelli del testo. L’esercizio pittorico che domina la trama della vicenda corrisponde all’atto creativo dello scrittore e determina uno sdoppiamento interdisciplinare della narrazione: la storia scritta è il racconto di una figura dipinta
che è a sua volta una proiezione inconscia e inconfessabile della protagonista,
tabù ancestrale da superare attraverso la duplice rappresentazione della parola
e dell’immagine.