Roma-Milano-Roma, 1914-1946
Il saggio traccia l’identità culturale e artistica di Lina Bo Bardi, una donna architetto formata in Italia in anni politicamente difficili ma molto intensi sul piano del dibattito, che in Brasile, dove prese la cittadinanza pochi anni dopo esservisi stabilita, trovò la terra ideale dove esprimere il suo talento e la sua creatività. Il contrasto tra i due paesi, l’uno imploso sotto il regime fascista e la guerra, l’altro in pieno sviluppo ed euforia espansiva, fu una spinta verso una sintesi originale tra la razionalità umanistica tipicamente italiana e la libertà espressiva brasiliana, che permise a Lina Bo Bardi di approdare ad un'architettura "povera" (ovvero seplice) in cui il Nuovo prende le mosse dai saperi artigianali e popolari. Se si considera questo aspetto dal punto di vista del modernismo brasiliano si può sostenere, con Eduardo Subirats, che Lina Bo Bardi sia stata «[…] uno degli esponenti della riformulazione latinoamericana del progetto globale delle avanguardie storiche europee spazzate via dai regimi totalitari […]» . Ma prendendo la qyuestione da un’altra angolatura, si può ritenere che la poetica dell'architettura povera esistesse in nuce già al momento della partenza per il Brasile, grazie all'imprinting dell'educazione italiana da cui Lina non si “libererà” mai: la passione per il disegno e l’arte che caratterizzò la sua educazione a Roma; l’attività di illustratrice ed editorialista nelle riviste di Gio Ponti a Milano dopo la laurea; la fondazione con Carlo Pagani e Bruno Zevi della rivista “A” nel primo dopoguerra. Se da una parte la difficile vita in Italia segnò Lina Bo con una depressione che la spinse ad andarsene, dall’altra essa fu, per reazione, il trampolino di lancio verso l’autonomia artistica e lavorativa conquistata una volta divenuta la signora Bardi.