Abitare la casa dell'uomo. Paesaggi domestici

02 Pubblicazione su volume
Giovannelli Anna

Dalla formazione romana all’esperienza milanese con Gio Ponti, l’attività della giovane Lina Bo, è incentrata sul tema dell’abitare domestico con un felice esordio sulle pagine di “Domus”, in cui pubblica un progetto per una casa sul mare di Sicilia, l’archetipo dell’antica casa mediterranea, un recinto moderno in cui è racchiuso un paesaggio di architetture fatte di pietra e di natura. L’architettura si fa paesaggio: dentro la casa il paesaggio domestico si configura nelle bianche superfici del cubo, di un volume compatto attraversato da quell’unica grande cavità interna che è il patio. Con lo sguardo attento di chi ha appreso la lezione della storia ma avverte l’urgenza di praticare l’esercizio del progetto moderno dell’abitare, Lina sperimenta le figure architettoniche calandole nella realtà dei luoghi e affermandone il primato del principio insediativo. In questi anni si afferma il sodalizio professionale con Carlo Pagani con il quale elabora un raffinato un attraversamento tipologico del paesaggio italiano con il disegno di piccole architetture per vacanze, che nella loro configurazione descrivono la varietà delle forme del paesaggio naturale.
Abitare la casa dell’uomo dunque, non produrre astratte tipologie dell’abitare. La collaborazione con Ponti e il sodalizio con Pagani continuano sulle pagine di “Stile”, la rivista che segna il temporaneo distacco di Ponti da Domus tra il 1941 e il 1947. In questi anni Lina Bo illustra lo spazio domestico disegni essenziali e, benché descrivano con estrema dovizia di particolari ogni singolo elemento, non indugiano mai sul frivolo approccio dell’arredo da esibire; piuttosto in essi c’è lo studio attento degli spazi abitati e di servizio, del rapporto qualitativo di profondità dello spazio rispetto allo sfondo del paesaggio. Per “Stile” Lina disegna mobili, lampade e sedie contestualizzandoli sempre nello spazio della casa, costruendo quel paesaggio domestico in cui ogni pezzo è parte di un tutto.
Nel 1944, in piena Guerra Mondiale, Lina Bo viene chiamata a dirigere “Domus e volge lo sguardo in avanti partendo proprio dalla dimensione dell’abitare domestico ravvisando in esso il vero fulcro di una modernizzazione della vita dell’uomo. Lo sguardo dell’architetto non è più racchiuso nell’eleganza moderna di uno stile borghese, ma si sintetizza in piccoli disegni astratti che commentano i celebri interni dell’architettura moderna. Una lucida didattica dello spazio interno che a partire dall’immagine si traduce nella lettura interpretativa per diagrammi che descrivono un paesaggio domestico rinnovato. Nulla di nuovo rispetto alla casa sul mare di Sicilia: la nozione di spazio interno è la stessa. Ma è cambiato qualcosa di molto importante. Una sorta di primato dell’astrazione del linguaggio formale la spinge ad abbandonare quell’indugio raffinato degli anni di “Stile”, perché poi “La casa dell’uomo crollò (…) fu allora, quando le bombe demolivano senza pietà l’opera e il lavoro dell’uomo che capimmo che la casa deve essere per la vita dell’uomo, (…) In Europa si ricostruisce, e le case sono semplici, chiare, modeste” . In questo ultimo segmento di tempo vissuto nell’Italia del Dopoguerra, prima dell’avventura brasiliana, Lina partecipa attivamente al dibattito sulla Ricostruzione, in convegni e pubblicazioni di articoli che denunciano la necessità di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla centralità dell’architettura per ricostruire della casa dell’uomo.

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