L’invenzione dei luoghi turistici. Lo stile “costa Smeralda” tra primitivo e catalano

02 Pubblicazione su volume
Posocco Pisana

Nella prima metà del XX secolo erano andati consacrandosi alcuni luoghi ed alcuni riti legati al turismo lungo le sponde del Mediterraneo. Il turismo d'elitè intervenne con la creazione o meglio l'invenzione di luoghi deputati a questo tipo di messa in scena sociale. Dagli anni '60 in poi si operò con l'intento di dare corpo ad isole culturali e sociali, con la volontà di creare un sistema di luoghi la cui fruizione fosse protetta da invisibili ma fortissimi confini. Significativa è la trasformazione territoriale avvenuta ad opera dell'Aga Khan nel nord della Sardegna, ovvero l'invenzione della Costa Smeralda. Si tratta di una "colonizzazione" per scopi turistici o della creazione di una anomala "città utopica"? Certamente ci sono aspetti che derivano dalle due matrici di riferimento.
La trasformazione del territorio è stata decisa a tavolino, in modo unitario: fu inventato uno stile che aveva pretese di essere tradizionale e primitivo (esiste nel Mediterraneo un stile autoctono, autentico ed unico per tutti i paesi che vi si affacciano?) perché è proprio questa supposta vita mediterranea che solletica la fantasia e promette una vacanza come ritorno ad un antico atemporale naturale. Fu quindi costituito un Comitato di Architettura (di cui uno dei più interessanti componenti è Simon Mossa architetto e leader del movimento indipendentista sardo, il quale cercava nell’architettura catalane una radice, anche culturale-estetica, per lo sviluppo dell’isola. Gli altri erano Jacques Couelle che aveva operato con successo in Costa Azzurra, Luigi Vietti e Giancarlo Busiri Vici), composto dal principe e dai suoi architetti che controllava l'aderenza dei singoli progetti a questa immagine prescelta.
Si progettava la sicurezza della domesticità, si dava garanzia con l'estraneità.

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