Architettura e scenografia nella Roma del Settecento
Molte opere architettoniche del Settecento romano, che si inseriscono tra i tracciati rinascimentali e barocchi, a loro volta innestati su preesistenze antiche, sono segnate da un’intenzione immaginifica così come essa si palesa con modalità differenti nell’arte della scenografia, con reciproche interferenze e contaminazioni tra le due forme d’arte. Tra queste, la sistemazione di Filippo Raguzzini di Piazza S. Ignazio del 1727-28, la scalinata di Trinità dei Monti a Piazza di Spagna progettata sia da Alessandro Specchi sia da Francesco De Sanctis e da quest’ultimo realizzata, la Piazza dei Cavalieri di Malta di Giovanni Battista Piranesi, che rappresenta un caso a se stante, interprete il Piranesi di un particolare modo di percepire e trasmettere un aspetto identitario di Roma che esprime il sublime e il culto della rovina, e che rivela il carattere forse più proprio di Roma che arriva fino a noi sostanzialmente immutato: con le sue vedute, un nuovo sentire, espressamente antidogmatico e moderno. Il carattere di Roma emerge compiutamente anche nelle vedute di Gaspar van Wittel, che esercitano un’influenza sul lavoro di scenografo e ancor di più di architetto nel figlio Luigi, così come grande importanza riveste l’opera scenografica di Francesco e Ferdinando Bibbiena della omonima dinastia di scenografi, e l’opera di Filippo Juvarra. Architetti e scenografi interpretano la relazione tra architettura e teatro, che si specializza con regole proprie nella scenotecnica dove trionfano le macchine sceniche più fantasmagoriche destinate a destare stupore e meraviglia, fino alle geometrie rotatorie rese possibili dal doppio girevole, che anticipa la necessità di trasformare la staticità della scena a fuga centrale