Le società partecipate al crocevia. Processi di modernizzazione, razionalizzazione e spinte all'efficienza

01 Pubblicazione su rivista
Miccu Roberto
ISSN: 1826-3534

In questo numero speciale della Rivista sono raccolti i contributi realizzati da un gruppo di docenti, dottori di ricerca e dottorandi nell’ambito delle attività di ricerca della Sezione di Diritto dell’economia del Dipartimento di Economia e Diritto dellaSapienza, così come nel quadro di ricerche svolte nell’ambito del Dottorato in Diritto pubblico, comparato e internazionale –curriculum in Diritto pubblico dell’economia, nonché all’interno di un progetto di Ateneo della Sapienza sul tema delle società pubbliche e delle “società finanziarie regionali nel diritto pubblico dell’economia” (a cura del prof. Domenico Siclari)1. Il lavoro prende spunto dall’emanazione del Testo Unico sulle società a partecipazione pubblica (d.lgs.19agosto2016, n.175), previsto dalla c.d. legge delega Madia (l.7agosto2015, n.124), ma vuole essere l’occasione per fare un punto, in maniera più ampia, su questo complesso fenomeno. Negli ultimi venti anni, infatti, il tema delle società partecipateè stato interessato da numerosi interventi legislativi, ha sollevato un ampio dibattito nella dottrina e nella giurisprudenza ed è stato oggetto di confronto politico e di attenzione anche da parte dell’opinione pubblica.In realtà, come è noto, i tentativi di ricostruire con una legge ad hocuno specifico statuto per le società a partecipazione pubblica risalgono ad almeno un secolo fa, a partire da quando Camillo Ruini nel 1918 presentò in Parlamento una apposita proposta di legge per la disciplina delle società basate sulla diversa qualità del soggetto pubblico azionista.L’interesse attuale per quest’argomento è tuttavia fondato su due ordini di ragioni. Il primo, di carattere più generale, è legato alla percezione di una proliferazione di società a partecipazione pubblica, legata alla constatazione di una loro scarsa efficienza nel perseguimento di obiettivi d’interesse generale. La stessa impossibilità, fino a tempi recenti, di disporre di un censimento completo delle entità in cui le amministrazioni pubbliche detengono partecipazioni denota il basso livello di consapevolezza dei poteri pubblici rispetto a un fenomeno che richiederebbe, invece, un’elevata capacità gestionale. In secondo luogo, la natura “ibrida” delle società partecipate, persone giuridiche di diritto privato, mafortemente attratte nella sfera amministrativa in ragione della peculiare natura dei partecipanti, dei poteri da essi esercitati e delle finalità da questi perseguite ha sollevato numerosi interrogativi, da un lato, quanto all’applicabilità di istituti classici relativi ai soggetti pubblici e, dall’altro, sulle declinazioni possibili di schemi propri del diritto commerciale.

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