La configurazione della funzione amministrativa nell’erogazione dei servizi sociali

01 Pubblicazione su rivista
Miccu Roberto, Onorati Roberto, Palmaccio Alessandro
ISSN: 1122-9322

Accanto alla modalità principale di espressione dell’autonomia
negoziale rappresentata dal contratto – così come oggi regolata, in
via prioritaria, dal Codice dei contratti pubblici di cui si parlerà nel
paragrafo successivo – si sono sviluppate negli ultimi decenni altre
peculiari forme negoziate di attività amministrativa in particolari
settori sensibili della Pubblica Amministrazione, quelli dei servizi
alla persona, in cui, a volte, non è possibile l’esistenza di un mercato
oppure, più spesso, i mercati possono risultare non perfettamente
concorrenziali. Ci si riferisce, in particolare, a quegli istituti
giuridici che solo di recente hanno subito una sistematizzazione
ad opera del cd. Codice del Terzo Settore.
È piuttosto recente la definizione di “Terzo settore” nell’ordinamento
italiano. La l. 6 giugno 2016, n. 106 con cui è stata conferita
la delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa
sociale e per la disciplina del servizio civile universale, ha stabilito
che per “Terzo settore” deve intendersi “il complesso degli enti
privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità
civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio
di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi,
promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme
di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio
di beni e servizi”12. Sulla base della delega prevista dall’articolo
1, comma 2, lettera b), della legge n. 106/2016 è stato approvato il
decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 recante il “Codice del Terzo
Settore” con il dichiarato scopo di provvedere al riordino e alla
revisione organica della disciplina vigente in materia di Enti del
Terzo settore al fine “di sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini
che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune,
ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale,
favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona,
a valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa,
in attuazione degli articoli 2, 3, 4, 9, 18 e 118, quarto comma, della
Costituzione...” (art. 1). Con riferimento alla presente tematica
si ritiene utile riportare quanto previsto dal suddetto Codice in tema di principi generali: “È riconosciuto il valore e la funzione sociale
degli Enti del Terzo settore, dell’associazionismo, dell’attività di volontariato
e della cultura e pratica del dono quali espressione di partecipazione,
solidarietà e pluralismo, ne è promosso lo sviluppo salvaguardandone
la spontaneità ed autonomia, e ne è favorito l’apporto originale per il
perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, anche
mediante forme di collaborazione con lo Stato, le Regioni, le Province autonome
e gli enti locali”. La citata disposizione costituisce il necessario
presupposto logico-giuridico per lo sviluppo dei rivisitati istituti
“negoziali”13 di cui si parlerà più diffusamente nei paragrafi 3 e 4.

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