Le note su Croce e la genesi del Quaderno 10
Il confronto di Gramsci con l’opera di Benedetto Croce rappresenta un nodo centrale nella storia intellettuale italiana. Un nodo non ancora indagato in tutte le sue dimensioni e, quindi, tutt’altro che esaurito. I motivi di tale ritardo sono molteplici, in parte dovuti al mutamento nel giudizio che Croce, negli ultimi anni, offrì della figura di Gramsci, in parte al deteriorarsi del clima civile che accompagnò, tra il 1947 e il 1951, la pubblicazione einaudiana delle lettere e dei quaderni, generando un’atmosfera ostile all’idealismo, presto ridotto ad “avversario di classe” o a “ideologia della società bor-ghese”. Le voci di quanti – da Ranuccio Bianchi Bandinelli a Luigi Russo, da Paolo Alatri a Carlo Salinari – provarono a evidenziare il «terreno comune» su cui le riflessioni di Croce e Gramsci erano cresciute, vennero travolte dalla corrente contraria, indi-rizzata a marcare il confine invalicabile che avrebbe separato le meditazioni gramsciane dalle loro fonti “idealiste”. Il caso della mancata edizione inglese delle Lettere dal carcere, che doveva includere lo scritto di Croce del 1947, rimane emblematico di questo filo spezzato. Come scrisse Eugenio Garin, il compito dell’Anti-Croce, che Gramsci aveva indicato al marxismo italiano, non solo non era stato eseguito, ma non venne «neppur tentato».