Dibattito sul potere del Presidente della Repubblica di condizionamento della scelta dei ministri. Intervento
Il pericolo è sventato, ma il precedente rimane. Per quarantotto ore una
normale crisi di governo ha assunto i lineamenti di una rischiosa crisi
istituzionale. Motivo scatenante il rifiuto del Presidente Mattarella di firmare
il decreto di nomina di un ministro proposto dal Presidente del
consiglio incaricato. Il nuovo Governo non si è pertanto potuto formare
nonostante il sostegno di forze politiche che riflettevano una maggioranza
parlamentare. La reazione immediata e scomposta dei partiti non si è fatta
attendere: non solo convocando manifestazioni di protesta contro il garante
della costituzione e preannunciando una campagna elettorale caratterizzata
dalla parola d’ordine “il popolo contro il Palazzo” (in chiave, dunque,
sostanzialmente eversiva), ma si è persino giunti a proporre la messa in stato
d’accusa per alto tradimento o attentato alla costituzione del capo dello
Stato. La “tragedia” s’è poi rapidamente trasformata in “farsa”: quando due
giorni dopo il presunto “colpo di stato” tutto s’è ricomposto e il Governo è
stato nominato con soddisfazione di tutti i protagonisti. Sorrisi e strette di
mano, parole di elogio, riconoscimento di avere operato con saggezza ed
equilibrio hanno sostituito le contumelie rivolte al mite Presidente della
Repubblica italiana.