Artt. 581-585 (Forma e termini dell'appello)
Il c.p.p. vigente disciplina con un certo rigore i requisiti formali dell’atto d’impugnazione e con l’art. 55 della L. n° 103/2017, il legislatore, in sintonia con quanto disposto dall'art. 546 c. 1, lett. e), novellato dall’art. 52 della stessa L. n. 103/2017, che impone altrettanto rigore nel motivare la sentenza, ha inteso valorizzare la relazione funzionale tra la struttura argomentativa della decisione e del gravame, imponendo l’onere di enunciare, a pena di inammissibilità, nell’atto introduttivo della doglianza capi, punti, motivi e richieste, nonché le prove di cui l’impugnante contesta l’esistenza, la mancata assunzione, l'omessa o erronea valutazione, oltreché anticipare eventuali richieste istruttorie che intende sottoporre ai giudici del grado successivo.
La dichiarazione d’impugnazione si formalizza con atto scritto, in lingua italiana, sottoscritto in originale dal proponente co specifica indicazione delle richieste e delle ragioni per cui il proponente deve esplicitare gli obiettivi perseguiti.
Dalle richieste va distinta la specificazione delle norme giuridiche violate o di cui s’invoca l’applicazione, la cui mancata indicazione non comporta inammissibilità del gravame.
Nell’atto di impugnazione sono strutturalmente distinguibili la dichiarazione e l’esposizione dei motivi, di cui il codice vigente prescrive l’enunciazione contestuale
Ogni petitum va supportato con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto su cui si fonda, in modo tale da consentire al giudice ad quem una verifica del percorso logico argomentativo su cui è incardinata l’impugnazione
L’art. 585 comma 4° c.p.p. consente, inoltre, di presentare, fino a quindici giorni prima dell’udienza fissata per la discussione, motivi nuovi presso la cancelleria del giudice ad quem, all’esclusivo fine di specificare le doglianze fatte valere attraverso la proposizione dei motivi genetici.
La dichiarazione di impugnazione priva dei requisiti prescritti dagli artt. 581 e ss. non è sanabile attraverso la successiva integrazione.
L’impugnazione va depositata, di regola, nella cancelleria del giudice a quo ma alle parti private e ai difensori (escluso, quindi, il PM) è consentito proporla presso cancelleria del tribunale o del giudice di pace operante in una circoscrizione diversa, ovvero nelle mani di un agente consolare all’estero; detta facoltà non è concessa, invece, per il deposito dei motivi nuovi.
L’impugnazione dev’essere sottoscritta e autenticata e può essere depositata personalmente o tramite incaricato, ovvero a mezzo telegramma o raccomandata: in tali circostanze si considera proposta nella data di spedizione; la giurisprudenza di legittimità esclude, invece, la ritualità dell’impugnazione proposta tramite telefax o a mezzo posta elettronica, anche se certificata.
La proposizione del gravame va notificata senza ritardo, a cura della cancelleria, alle parti private e comunicata al PM, ma l’omissione della notifica non produce l’inammissibilità del gravame, ma solo la mancata decorrenza del termine iniziale.
I termini per impugnare sono: 15 giorni per le decisioni emesse in camera di consiglio o motivate contestualmente alla lettura del dispositivo; 30 giorni per le pronunce i cui motivi non siano stati riservati oltre i quindici giorni; 45 giorni nei casi in cui la particolare complessità della motivazione abbia consigliato al giudice di differirne la redazione per oltre quindici giorni.
Il termine di quindici giorni risulta applicabile, inoltre anche ai provvedimenti che definiscono l’udienza preliminare, sebbene non contestualmente motivati, alle ordinanze dibattimentali che determinano una regressione del procedimento e per quelle che, nel corso del giudizio, vengono pronunciate in tema di libertà personale.
Per il giudizio abbreviato si applicano le regole dettate per le decisioni dibattimentali.