Design, ingegno e immaginazione
L’invenzione nel design è la messa in pratica di una idea di natura tecnico-scientifica frutto dell’ingegno, ma anche pura capacità di immaginazione in grado di «modificare la sensibilità del genere umano » (Kubler, 1962), agendo tanto sulle funzioni del prodotto, quanto sul significato. E in effetti l’invenzione nel design, è un processo per nulla ingenuo e affatto onirico, bensì l’esito di un processo molto sofisticato, in grado di selezionare forme e tecnologie per ottenere il massimo risultato espressivo con la minima esibizione di sforzo formale e di stereotiparsi in oggetti formalmente essenziali. Ecco perché l’innovazione, per il design, non può risolversi solo come mero sfoggio “muscolare” di tecnologie innovative, utili più per la semplificazione dei processi realizzativi che per la creazione di nuove funzioni o nuovi linguaggi. L’attività del designer è infatti principalmente quella di farsi mediatore tra arte, tecnologia e società, interpretando non solo le funzioni, ma anche il significato delle scoperte in invenzioni di “segni mediatori” e di nuovi “abiti sociali” (Zingale, 2012). Partendo da questi assunti, il paper propone una classificazione per categorie in cui l’innovazione nel design è letta come risultato di un processo di trasferimento tecnologico, come attività spontanea o addirittura casuale, come capacità di applicare la semplessità facendo semplice il complesso o come reazione a limitazioni e scarsezza di risorse, offrendo un punto di osservazione che, senza negare le potenzialità offerte dalle recenti innovazioni, tende a riaffermare la dimensione più umanistica e meno tecnocratica della nostra capacità inventiva. Una capacità inventiva che non si gioca nella sola dimensione estetica, ma che è in grado di unire a questa l’immaginazione per definire nuovi usi, funzioni, linguaggi. Da qui il designer può e deve ripartire, avendo ben chiaro il suo ruolo, per configurare un nuovo umanesimo.