Il "progetto" storico oltre confine. Manfredo Tafuri negli Stati Uniti
Nell’aprile del 1974 Diana Agrest invita Manfredo Tafuri a tenere una lecture alla conferenza “Practice, Theory and Politics in Architecture,” a Princenton. Nello stesso anno il testo dell’intervento di Tafuri viene tradotto e pubblicato sulle pagine di Oppositions con il titolo “L’Architecture dans le Boudoir: The Language of Criticism and the Criticism of Language”. Così Tafuri approda negli Stati Uniti e precisamente a New York negli anni in cui alcuni rappresentanti della nuova avanguardia architettonica americana erano attratti dalla ricerca dell’architettura italiana, intensificando un dialogo a distanza tra i due territori culturali. In questo scenario la figura di Manfredo Tafuri diviene un punto di riferimento nelle vicende che videro rafforzare i rapporti tra Italia e Stati Uniti in quel filo rosso che unisce le esperienze architettoniche che animavano il dibattito tra la cultura architettonica europea con quella americana, ovvero l’asse tra l’IAUS di New York e lo IUAV di Venezia.
L’interesse degli storici e architetti americani per Tafuri passa per le ragioni concettuali del suo percorso intellettuale come riscrittura critica della storia: contorni e frammenti identificano il suo campo di ricerca per elaborare il progetto storico a partire dalla rilettura interpretativa dello sfondo in cui si stagliano le figure del linguaggio dell’architettura. Un’attività critica come azione progettuale in cui Tafuri, nel ripercorrere il processo che ha dato vita all’opera, ricompone quei frammenti storicizzati in un nuovo ordine, adottando la tecnica del montaggio. Questo dialogo intellettuale, avviato negli anni ‘70 permane dentro le pieghe della critica europea ed americana grazie a Tafuri, che più di ogni altro seppe costruire gli orizzonti significativi di un progetto storico, la cui eredità sopravvive ancora nella ricerca architettonica oltre confine.