La storia merita di avere una funzione pubblica
L’espressione ‘uso pubblico della storia’ designa tutte quelle pratiche di utilizzo della storia a fini non esclusivamente scientifici. Ricadono dunque nell’uso pubblico della storia, come afferma Nicola Gallerano, «non solo i mezzi di comunicazione di massa, ciascuno per giunta con una sua specificità (…), ma anche le arti e la letteratura; i luoghi come la scuola, i musei storici, i monumenti e gli spazi urbani”». Nessuna narrazione pubblica, anche se costruita con le migliori intenzioni, si sottrae al rischio della deformazione prospettica operata dal presente: ogni progetto, si può dire, porta con sé un potenziale di mistificazione e travisamento che passa attraverso le scelte dell’architetto e, molto spesso, anche del committente. È forse per evitare di incorrere in questo inganno che preferiamo oggi annegare in un’ipertrofia della coscienza critica, che sfocia però nell’impedimento all’azione progettuale? Se è così, quali sono le possibili vie di uscita da questa condizione di stallo?