Wedekind e la recitazione

01 Pubblicazione su rivista
Bellavia Sonia
ISSN: 2039-9766

Promotore del teatro moderno, Frank Wedekind (1864-1918) è indiscutibilmente uno dei maggiori drammaturghi tedeschi. Nella Germania fra ottocento e novecento - dominata dall’estetica naturalistica - la novità della sua scrittura proto-avanguardista, la struttura antinomica dei suoi drammi, la scabrosità dei temi trattati (in primis la libertà, anche sessuale), ne fecero un personaggio ‘scandaloso’. Le sue opere incapparono spesso nelle maglie della censura e con difficoltà s’imposero nel circuito teatrale coevo. Tutte cose, queste, note ai più. Meno conosciuta, invece, è la sua fatica per affermarsi come attore, cosa alla quale – a dispetto dei proclami – egli sembrava invece tenere moltissimo. Il teatro Wedekind non lo scrive soltanto, ma lo pratica; e anzi, una delle ragioni che si nasconde dietro l’ ‘enigmaticità’ della sua scrittura è proprio la tensione al superamento dei confini tra pagina e palcoscenico: là dove, soltanto, i suoi drammi potevano davvero essere compresi; e dove domina l’attore. Sull’attore, Wedekind s’interroga e riflette anche. Non tanto per vaticinare, come si potrebbe credere, uno stile di recitazione che ancora non c’è, quanto piuttosto per dialogare con il presente, nel confronto con una tradizione in cui ravvisa lo stile perfetto per i suoi personaggi. L’articolo si propone di tracciare, in una sintesi necessaria, il percorso di Wedekind attore (illustrando anche la natura contraddittoria dei giudizi sulle sue prestazioni), per cercare poi di comprendere quale fosse la sua idea d’arte drammatica. Partendo dalle riflessioni stesse dell’autore, in particolare quelle consegnate nel 1910 al glossario Schauspielkunst, riportato in traduzione.

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