Michel'Angelo Giacomelli. Aristofane. II: Lisistrata. Testo originale
Giacomelli, Michelangelo (1695 - 1774), Arcivescovo di Calcedonia, editore di autori pagani e cristiani, amico di J.J. Winckelmann cominciò a lavorare a una traduzione in versi annotata della Lisistrata all'inizio degli anni '50, cui fecero seguito le Arringatrici (= Ecclesiazuse). In vista della loro pubblicazione tali lavori furono trascritti su una copia calligrafica redatta da Vincenzo Cavazzi destinata alla tipografia, ma la materia oscena delle due traduzioni, disdicevole per un uomo di Chiesa, impedì la messa in atto della loro pubblicazione. Dopo avervi aggiunto le Festeggianti Cerere (= Tesmoforiazuse) e le Ranocchie (= Rane, limitata ai soli vv. 1-315), Giacomelli tenne per sé il suo manoscritto autografo, finché nel 1772, preso da scrupoli di coscienza, pensò di bruciarlo. Ne fu dissuaso dai Gesuiti del Collegio Romano, che lo presero in consegna per la loro Biblioteca. Nel 1773 il manoscritto, tanto innovativo quanto pericoloso, cadde nelle mani del cardinal Francesco Saverio de Zelada, che, in quel medesimo anno, stava procedendo allo smantellamento della Compagnia di Gesù. Poiché negli anni precedenti Giacomelli era stato un aperto sostenitore della causa dei Gesuiti, il manoscritto, caduto nelle mani di Zelada, divenne un'arma di ricatto. L'autografo di Giacomelli è stato riscoperto nella Biblioteca Capitolare di Toledo (ms. BCT 105-14) dall'autore del presente lavoro, cui si deve pure il reperimento dell'apografo di Cavazzi (ms. BUB 3566) nella Biblioteca Universitaria di Bologna. La traduzione aristofanea di Giacomelli — la più antica in italiano, eccezion fatta per quella dei fratelli Rositini — si segnala per la intenzionale attenzione per le oscene commedie 'delle donne' e per l'assenza di censure nella resa di espressioni triviali, a differenza di quanto avviene in traduzioni coeve in lingue moderne, espurgate e per lo più limitate ai più 'morali' Pluto e Nuvole. La lingua di Giacomelli è un Toscano scevro dai rigorosi dettami della Crusca, infarcito di reminescenze letterarie, Boccaccio in primis. Un capitolo sconosciuto della storia degli studi classici che getta luce sulla storia della Roma ottocentesca, sui suoi ambienti culturali e su coloro che, nel bene e nel male, ne furono gli indiscussi protagonisti. In questo secondo volume viene presentata l'editio princeps della Lisistrata volgarizzata e commentata da Giacomelli, affiancata del testo originale greco dell'edizione di Ludolph Küster (seguìta da Giacomelli), l'apparato critico e un commento su vasta scala, in cui l'autore, discutendo i principali problemi del testo di Aristofane, crea un raccordo tra le posizioni della filologia settecentesca e l'odiera ricerca sull'opera di Aristofane.