Marxismo e filosofia della praxis

02 Pubblicazione su volume
Muste' Marcello

Tra il 1895 – quando apparve per l’editore Loescher il primo saggio marxista di Antonio Labriola, In memoria del Manifesto dei comunisti – e il 1935, anno delle ultime note scritte da Antonio Gramsci nella clinica di Formia,il marxismo teorico acquistò in Italia una fisionomia peculiare, per molti versi unica, che può essere sintetizzata da questa formula: filosofia della praxis. L’espressione venne utilizzata per la prima volta da Antonio Labriola in un paio di brani del terzo saggio, Discorrendo di socialismo e di filosofia (1898), dove la definì il «midollo» e il «nocciolo» del materialismo storico; e venne ripresa e discussa (per citare solo gli autori principali) da Benedetto Croce (1897), Giovanni Gentile (1899), Rodolfo Mondolfo (1909), Antonio Gramsci (1932). Se si considera che, nello stesso quarantennio, il marxismo europeo fu impegnato dapprima nella disputa fra il revisionismo di Eduard Bernstein e l’ortodossia di Karl Kautsky, poi nella costruzione della nuova ortodossia staliniana, fondata sul dogma del materialismo dialettico, è facile intendere come la riflessione italiana delineasse un orizzonte di pensiero sostanzialmente diverso e alternativo, destinato a emergere e a protrarsi per un tratto significativo del Novecento. In modo particolare, la filosofia della praxis offrì una risposta possibile alla domanda di una ‘filosofia’ marxista, che era stata inaugurata da Friedrich Engels con la pubblicazione dell’Anti-Dühring (1878) e che lo stesso Engels, morto il 5 agosto 1895, aveva lasciato irrisolta o aveva riempito, con la postuma Dialektik der Natur (1925), di contenuti discutibili e spesso dogmatici. Accanto alle riflessioni del ‘marxismo occidentale’, di György Lukács e Karl Korsch (le opere principali di questi autori apparvero nel 1923), la linea iniziata da Labriola costituì la principale novità nella storia del marxismo europeo di questi anni, con un atteggiamento meno incline alla figura hegeliana della ‘totalità’, più fluido e aderente al divenire della storia.

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