Restauro come impegno istituzionale. L’opera di Alberto Terenzio a Roma e nel Lazio (1928-1952)
Alberto Terenzio, Soprintendente di Roma e del Lazio fra il 1928 e il 1952, si trovò ad affrontare un quarto di secolo particolarmente delicato per la tutela e il restauro in Italia, condizionato dalle politiche di esaltazione della romanità promosse dal fascismo e dalle distruzioni provocate dalla guerra.
Lo studio storico-archivistico e la verifica diretta sugli edifici all’epoca restaurati ci restituisce il profilo di un funzionario operoso, ma sostanzialmente pragmatico, poco incline alla formulazione di assunti teoretici, totalmente assorbito dai contenuti gestionali e tecnici del proprio lavoro.
Una personalità, quella dell’architetto piacentino, forse non di primo piano, ma comunque non meno importante per la vicenda concreta dei numerosi monumenti su cui è intervenuto. La sua azione, infatti, nel palesarci la dimensione reale delle difficoltà politiche e tecniche affrontate, dei compromessi imposti, dei nessi fra scelte individuali e contesti, restituisce alla vicenda del restauro una concretezza che la rende ancora viva e per certi versi vicina a noi.
Se, quindi, possiamo considerare conclusa la stagione della ricostruzione in forme semplificate e delle tecnologie cementizie, particolarmente attuale risulta un suo inedito contributo nelle questioni della tutela dell’‘ambiente monumentale’, così come il suo destino di funzionario di Stato, dedito al suo lavoro e vincolato da molti condizionamenti.
Rimanda ancora al legame con la storia di mezzo secolo fa uno specifico approfondimento dedicato ai più recenti restauri che hanno interessato i medesimi monumenti, così da cogliere limiti ed efficacia delle soluzioni adottate nel Novecento. Perché la storia del restauro, oltre a consegnarci uno spaccato delle vicende del passato, si pone sempre come strumento di verifica delle scelte già effettuate e come riferimento per le decisioni da prendere per il futuro.