"Dream not of other worlds". Sogno e caduta in Paradise Lost

02 Pubblicazione su volume
Gallo, Carmen

Abbandonato il progetto di un dramma per musica dedicato alle conseguenze della Caduta, intitolato prima Paradise Lost e poi Adam unparadiz’d, e disattesa l’altra promessa di un poema epico su un eroe cristiano di stampo arturiano, nel 1658 Milton comincia a scrivere il suo Paradise Lost (1667), rielaborando nella forma dell’epica religiosa sia la narrazione biblica, sia i modelli dell’epica secolare. A questi ultimi, in particolare, sembra ispirarsi Milton per l’inserimento di micro-testi onirici che sono invece assenti nel racconto della seduzione di Eva e della caduta dei progenitori nell’Eden offerto dal libro della Genesi. Nonostante l’ostilità dei puritani nei confronti della popolarità dei sogni e della loro interpretazione, ritenuta foriera di eresie e disordini sociali, nel Paradise Lost si sogna, e si sogna molto. L’intervento si concentrerà in particolare sul sogno di Eva, raccontato nel IV e V libro, e sull’interpretazione data da Adamo alla luce della tradizione trattatistica inglese (con particolare riferimento a The Terrors of the Night or, a Discourse of Apparitions di Thomas Nashe del 1594) e della distinzione tra sogno naturale e sogno sovrannaturale. Lo scopo è proporre una lettura del rapporto tra questo micro-testo onirico, che si presenta come una sorta di mise-en-abyme prolettica della caduta, e la teleologia della macrostruttura epica del testo.

© Università degli Studi di Roma "La Sapienza" - Piazzale Aldo Moro 5, 00185 Roma