Franz Prati alla fornace di Canova
A Roma, negli spazi della ex fornace di Antonio Canova, l’architetto e artista Franz Prati rappresenta una città ideale racchiusa in un tappeto
A Roma, negli spazi della ex fornace di Antonio Canova, l’architetto e artista Franz Prati rappresenta una città ideale racchiusa in un tappeto
Opera fatte fili telai tessiture intrecci e favole.Ei paesaggi di Ullasai in Sardegna il luogo dell'immaginario dell'artista sarda a cui il MAXXI di Roma dedica una retrospettiva. L'articolo illsutra anche i rapporti tra i temi di Maria Lai e alcune aree di ricerca dell'architettura contemporanea,
Si tratta di un articolo riassuntivo su alcune tematiche che legano il lavoro di CAravaggio alla spazialità architettonica. L'articolo è stato pubblicato in occasione della Lectio magistralis al Museo Macro di Roma "Caravaggio dall'altro verso il basso" tenuta a Roma il 14 giugno 2019.
Naturalmente leggo con interesse commenti e interventi in questi tempi di Coronavirus. Vedo rockstar ultra settantenni che fanno i loro video congiunti, ascolto letture di poesie, canti singoli o collettivi. Quello che mi colpisce di più, e non voglio troppo razionalizzare, è il viaggio solitario di un cantautore italiano che, dopo aver riempito con milioni di persone le spiagge italiane in una ventina di concerti queste estate, se ne parte solo per i deserti andini per migliaia di chilometri di sole e deserto. Mi emoziona, mi colpisce: ne vedo una tappa ogni giorno.
Si tratta del saggio introduttivo che inquadra compiutamente l'esperienza del volume "UnLost Territories: Ricostruire la periferia a Roma Architettura e società nei territori abbandonati." Sono territori nella estrema periferia orientale della città nel VII e VIII Municipio, verso il raccordo anulare, in un cuneo tra l’Aniene a nord, la via Casilina a sud e la Prenestina come asse mediano. Ad una conoscenza superficiale, questi territori possono veramente apparire lontani da una possibilità di recupero se si utilizzano le categorie tradizionali del progetto urbano.
Il nome di Manfredo Tafuri è il primo che viene in mente quando si pensa alle vicende romane relative al Concorso del 1967 per i nuovi uffici della Camera dei Deputati. Suo, infatti, è un libro unico nel suo genere: unico tanto nel corpus delle opere tafuriane, perché distante dalla prassi storiografica e legato a doppio filo a un episodio di attualità; ma unico anche nel quadro più generale della pubblicistica relativa ai concorsi di progettazione, quasi sempre redatta nella forma riduttiva del catalogo descrittivo, politicamente corretto ma privo di taglio teorico-critico.
Ci troviamo oggi di fronte a un quadro molto confortante riguardo all’impegno nel progetto dei Dipartimenti di Architettura italiani. Un progetto non solo interrogato in sede teorica, ma praticato e sperimentato con pervicacia. E ci offre anche, in finale, l’occasione per affrontare un nodo critico legato all’espressione della domanda di architettura nel nostro paese. Un paese intriso di pregiudizio nei confronti del nuovo.
I centri storici minori, in Italia come nel resto d’Europa, sono oggetto di una politica di tutela patrimoniale che si estende, al momento attuale, non più solo alle loro porzioni artistico-monumentali ma che li comprende nella loro totalità. Il passaggio logico è notevole: significa considerare come bene patrimoniale non solo l’emergenza ma la città tutta, e considerarla patrimonio nella sua forma ultima, quella consegnataci nel tempo e che del tempo storico registra tutte le successive modificazioni e riscritture, esclusa tuttavia quella del tempo presente.
Il workshop di progettazione “Per la città di Viterbo” ha rappresentato l’evento conclusivo di oltre un anno di lavori, nel corso del quale in più occasioni il gruppo di progettazione ha incontrato la cittadinanza e gli esponenti delle associazioni di categoria per condividere i risultati della ricerca e accogliere da loro specifiche istanze progettuali.
Il momento del workshop internazionale ha rappresentato uno snodo fondamentale verso una fase che dovrà seguire l’adozione del masterplan e che riguarderà l’avvio degli interventi progettuali previsti nel documento di indirizzo.
Il masterplan per il centro storico di Viterbo è un documento di indirizzo strategico volto a indicare le principali direzioni di sviluppo per la valorizzazione del centro storico e ad orientare le politiche di trasformazione e di tutela attiva della città. Nel termine “strategico” è racchiusa tutta la peculiarità di questo strumento previsionale, agile e versatile, che nella sua forma assomiglia più a un “libretto d’istruzioni” che a un piano urbanistico vero e proprio.
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