Riappropriazione della città e autorganizzazione

02 Pubblicazione su volume
Cellamare Carlo

La fertile riflessione di Lefebvre sul “diritto alla città”, poi ripresa da tanti altri autori, ha dato origine a molte discussioni, critiche, posizioni differenti e accesi dibattiti. Lo stimolo di tale riflessione ci interroga ancora oggi, perché molte sono le disuguaglianze, le esclusioni, le difficoltà che crea la città contemporanea. Le nostre città sono ancora segnate da profonde disuguaglianze. Il sistema economico globale che prevale oggi nel mondo produce costitutivamente disuguaglianze, in qualche modo ha bisogno delle disuguaglianze. All’interno di questa dinamica, si sviluppano diffusamente, in Italia e nel mondo processi e pratiche di riappropriazione della città. Sono pratiche di riappropriazione che sono anche processi di risignificazione, che ricostruiscono i legami col proprio contesto di vita, che trasformano lo spazio in luoghi. Sono questi i segni della vitalità della città e dei suoi abitanti. L’interesse verso queste esperienze, che apparentemente possono sembrare marginali, sta non solo nel fatto che costituiscono oggi gli unici luoghi che esprimono modelli alternativi di sviluppo urbano, isole di terra nel mare della diffusione del modello neoliberista, ma anche perché sono i luoghi privilegiati di produzione culturale e di produzione di cultura politica.Al di là dei percorsi seguiti, le esperienze di autorganizzazione esprimono bene il tentativo di superare quel conflitto tra “forma” e “vita”, che segnalava già Simmel (1918) nel discutere la cultura della modernità. La modernità infatti ci ha abituato a strutturarci in forme rigide che imbrigliano la vita, ma la vita opera continuamente per superare queste rigidità e per aprire a nuove strade, più adeguate, di cui le esperienze di riappropriazione della città e di autorganizzazione sono forse l’espressione più significativa.

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