Periferie, politiche dell'abitare e autorganizzazione
In uno sguardo critico sulle politiche urbane a Roma è importante assumere il punto di vista dell’abitare e, quindi, interpretare la situazione in maniera organica e complessiva, ossia in termini di “politiche dell’abitare” (Cellamare, Cognetti, 2018). Per molti versi, è un punto di vista che può apparire vasto e di difficile definizione. Si tratta però del punto di vista degli abitanti e cerca di rispondere fortemente e adeguatamente alle loro esigenze, integrando aspetti spaziali, sociali, culturali, di vita collettiva, di necessità economiche, ecc. (Cellamare, 2016a). Il focus sarà soprattutto sulle periferie, in quanto rappresentano oggi la componente più consistente e più problematica della città. Rimandando ad altri testi per maggiori approfondimenti (Cellamare, 2016b), si sottolinea come l’espansione urbana abbia prodotto una periferia estesa, che supera abbondantemente il Grande Raccordo Anulare e che, di fatto, assumendo un carattere metropolitano, determina la costituzione di una città-territorio. Si tratta in realtà di periferie molto diverse tra loro. Contrariamente alla lettura tradizionale che associa la periferia al degrado, oggi la periferia romana costituisce il luogo più vitale della città, sebbene ancora molto problematico. Inoltre, Roma è caratterizzata da un gran numero di esperienze di autorganizzazione e autogestione che, anche a fronte dell’arretramento del welfare state e delle carenze della pubblica amministrazione, sviluppano concretamente risposte alle esigenze sociali, riappropriazione della città, politiche innovative. Per molti versi può essere considerata una “città fai-da-te”.