Le “nuove” forme dell’abitare. Il cohousing come “comunità intenzionale”

02 Pubblicazione su volume
Nocenzi Mariella

L’Italia si propone come uno dei paesi dell’Unione europea e di
altri Stati a economia avanzata con un contenuto tasso di proprietari
di casa – il 73,2% nel 2017, il cui livello di protezione
per il diritto a un’abitazione dignitosa, a un prezzo accettabile e
in un ambiente sicuro per tutti i suoi cittadini risulta una sfida
sempre più difficile da gestire.
Questa condizione pone l’Italia fra i paesi europei che devono
fronteggiare con maggior efficacia un crescente disagio
abitativo, sia in termini di proprietà/disponibilità di un alloggio,
che di qualità della vita che gli spazi abitativi consentono
per non profilare una condizione di grave disagio abitativo. A ciò ha corrisposto un’azione politica non sufficiente a
risolvere la questione abitativa, in fase né di interdizione dei
progressivi dati negativi, né di innovazione programmatica in
ambito alloggiativo.Nell’arcipelago delle espressioni varie e frammentate del social
housing in Italia, ci si propone di soffermarsi sulle esperienze
di cohousing, intendendo verificare in questa forma dell’abitare,
inedita rispetto a quelle tradizionali per aspettative e forme di
relazione, un profilo comunitario che recuperi i tratti dell’intenzionalità
del vivere determinati spazi che nei modelli di società
precedenti erano stati ridimensionati. Un breve excursus
sulla sua evoluzione nei Paesi scandinavi della primogenitura
e l’individuazione dei suoi tratti caratterizzanti in progetti e
strutture nello specifico dell’esperienza italiana consentiranno
di verificare se la tendenza di una comunità residenziale socialmente
esclusiva non si possa interpretare come nuova domanda
di intenzionalità alla base dell’azione abitativa. E il diritto all’abitare,
quindi, possa riconoscersi come un diritto da tutelare
nell’accesso equo da garantire nel senso tracciato da Amartya
Sen con i concetti di functioning e capabilities.

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