Il neoidealismo: Benedetto Croce e Giovanni Gentile
L’argomento di questa esposizione presenta due insidie. La prima insidia riguarda la congiunzione, la “e” che unisce, e al tempo stesso divide, i due nomi propri di Benedetto Croce e Giovanni Gentile: questa “e” ci invita a interrogare le ragioni della collaborazione e le differenze che, come vedremo, condussero a una rottura irreparabile. La seconda insidia consiste nella categoria sotto la quale, in omaggio a una lunga tradizione, li presentiamo: “neo-idealismo” o “idealismo italiano”. Via via che studiamo questi autori, che nuovi documenti e rinnovate edizio- ni vengono resi disponibili (da ultimo il terzo volume del loro carteggio, apparso nel 2017 per l’editore Aragno, appare sempre più chiaro che il pensiero di Croce, e in parte anche quello di Gentile, non possono essere risolti nella categoria di idealismo. Lo osservò Eugenio Garin, a proposito di Croce, nell’intervista del 1997 a Mario Ajello, quando disse così: «esiterei nell’etichettare, come spesso si è fatto, e si fa, il pensiero crocia- no come “idealismo”». D’altronde Croce stesso, in un famoso articolo del 1943, arrivò a rifiutare tale denominazione, preferendovi quelle di «storicismo» o «spiritualismo» assoluto.