Mine, petraie, calcare e il recupero dei materiali da costruzione a Roma

02 Pubblicazione su volume
Esposito D., Passigli S.

L’indagine tra le fonti scritte romane utili per affrontare i temi del reimpiego dei materiali da costruzione antichi, dell’organizzazione dei sistemi di recupero e del cantiere ad esso dedicato vanta una solida tradizione, grazie a spogli documentari e ricerche storiche aventi come oggetto la Roma medievale e rinascimentale. Dopo quelle di Lanciani, Cerasoli e Marchetti Longhi, vanno ricordate le analisi condotte nella documentazione notarile e in quella dell’amministrazione centrale, quelle realizzate per studi monografici sui grandi cantieri romani fra tardo Medioevo e Rinascimento e, inoltre, quelle compiute per monografie su alcune famiglie attive nell’economia romana, come i Porcari e i Leni. Nella storia dell’architettura a Roma, come è ben noto, sussiste una forte relazione tra la consistente presenza di edifici abbandonati, la facilità di approvvigionamento di materiali da costruzione antichi e la diffusione della pratica del reimpiego e del riciclo di essi nella costruzione di fabbriche medievali e moderne. Si tratta di una consuetudine diffusissima e ben studiata nell’ambito dell’edilizia religiosa e civile, con innumerevoli riferimenti al riuso delle strutture antiche e al reimpiego e riciclo degli elementi costruttivi. Nostro scopo in questa occasione è quello di far dialogare tra loro queste diverse forme documentarie attraverso alcuni esempi e quindi, grazie alla lettura diretta dei dati materiali, contribuire all’interpretazione delle testimonianze scritte.

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