Tunisia. Il restauro dopo la ‘Rivoluzione’. Considerazioni su alcune esperienze
Il contributo pone all’attenzione un tema oggi pressante, quello della
tutela e della salvaguardia del patrimonio culturale e architettonico cosiddetto
‘a rischio’. Anche se la comunità internazionale sembra avere raggiunto piena
consapevolezza del fatto che qualsiasi bene culturale sia proprietà di tutta l’umanità
e che, in quanto tale, debba essere necessariamente conservato, ci si
trova spesso difronte a ‘ricchezze’, mobili o immobili, in gravi condizioni d’isolamento,
abbandono, fatiscenza, degrado, dovute al disinteresse locale, all’indigenza
economica e sociale di alcuni Paesi ma anche alla difficoltà delle organizzazioni
internazionali a intervenire in determinati contesti geografici, culturali e
confessionali.Negli ultimi anni ulteriori drammatiche vicende hanno richiesto un’attualizzazione
dell’argomento attraverso il coinvolgimento di tutte le comunità, anche
quelle ritenute socialmente e culturalmente ‘difficili’; si sono, infatti, verificate
complesse situazioni sociali e politiche che hanno dato luogo a distruzione e
traffico illecito di beni artistici e archeologici, ma anche, come emerge dalle ultime
cronache internazionali, di conflittualità religiose che hanno innescato l’abbattimento
di alcune testimonianze tangibili non riferibili alla cultura autoctona.
Attraverso la presentazione della situazione tunisina, caso esemplificativo
nell’ambito delle proteste e delle agitazioni che hanno caratterizzato il Maghreb,
s’intende richiamare l’attenzione sulle diverse problematiche emerse in
tale contesto, nell’ottica di stimolare rapporti di cooperazione e solidarietà per
la tutela e il restauro del patrimonio culturale mondiale.