Narrazioni, spazi, soggetti. Raccontare l'Esquilino
Il saggio ripercorre le modalità con le quali il quartiere Esquilino di Roma è stato descritto nella narrativa contemporanea, come spazio rappresentativo di soggettività complesse
Il saggio ripercorre le modalità con le quali il quartiere Esquilino di Roma è stato descritto nella narrativa contemporanea, come spazio rappresentativo di soggettività complesse
Il contributo analizza le modalità con cui Natalia Ginzburg sceglie di narrare lo spazio domestico e lo spazio urbano nei suoi testi più famosi, in particolare nei racconti brevi e in "Lessico famigliare".
L’Italia si propone come uno dei paesi dell’Unione europea e di
altri Stati a economia avanzata con un contenuto tasso di proprietari
di casa – il 73,2% nel 2017, il cui livello di protezione
per il diritto a un’abitazione dignitosa, a un prezzo accettabile e
in un ambiente sicuro per tutti i suoi cittadini risulta una sfida
sempre più difficile da gestire.
Questa condizione pone l’Italia fra i paesi europei che devono
fronteggiare con maggior efficacia un crescente disagio
La tipologia della casa unifamiliare isolata, per le sue caratteristiche contestuali, dimensionali e di committenza (generalmente facoltosa), si è sempre distinta per una grande libertà espressiva e morfologica. Alcuni autori moderni e contemporanei hanno affidato la riuscita (o comunque la forza) del progetto della casa unifamiliare ad un particolare elaborato grafico, la sezione verticale; consegnando a questo strumento analitico e “di controllo” un ruolo costruttivo e generativo, che va oltre la semplice rappresentazione geometrica.
All'interno di un insieme di voci di architetti che riflettono sul confinamento imposto dalla diffusione del virus Covid19, il testo riflette sul vivere reclusi in relazione ad alcuni elementi segnalati dalle detenute della Casa Circondariale femminile di Rebibbia in riferimento al loro vicere in cella. In particolare è sviluppato il tema della finestra come apertura sul mondo e l'importanza di questa in un luogo di reclusione
Nel 1964 la cultura italiana fu mobilitata per celebrare il centenario della nascita di Michelangelo Buonarroti. Bruno Zevi preparò l’evento con una sperimentazione iniziata nel 1962 con gli studenti dello IUAV. Contagiato dalla cultura anglosassone e americana, Zevi, allo stesso modo di Colin Rowe, usava il diagramma come strumento conoscitivo che prescinde dalla matericità dell’architettura e mette in rilievo le caratteristiche formali e le potenzialità metamorfiche dello spazio.
L'operato progettuale di Alfredo Lambertucci si serve del disegno come strumento di riflessione concettuale e verifica del contenuto tecnico, sempre finalizzato alla costruzione come destinazione naturale del progetto.
Si vuole mettere in evidenza la costanza di una pratica paziente e trattenuta, attenta programmaticamente a rifuggire l'autonomia autoreferenziale, ma mai rinunciataria o sbrigativa.
Alla scrittura come espressione della speculazione teorica Lambertucci ha sempre preferito la costanza della pratica sul tavolo da disegno e sul cantiere, così che il suo lascito culturale non è affidato per lo più ad enunciati astratti da leggere nei suoi rari scritti, ma va rintracciato nei testi propri della sua produzione progettuale: certamente gli edifici ma anche, e altrettanto significativo, il corpus visuale della sua produzione grafica e fotografica.
Contributo che riflette sul valore fondativo del progetto dello spazio interno per un'architettura realmente "umana". I laboratori di interni sono laboratori in cui la riflessione sullo spazio mette in relazione la forma tangibile dell’architettura, la sua dimensione materica oltre che figurativa con l’uomo che in essa alberga. La scala degli interni è quella dell’incontro fisico tra uomo e architettura.
Presentazione dei contributi dei docenti per la partecipazione della Facoltà di Architettura dell'Università Sapienza alla Biennale di Architettura 2018
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