L’architettura è solo per una stirpe felice?
L’allarmante declino che pervade il “sistema”1 scuola-ricercaprofessione dell’architettura italiana, dai primi anni Novanta del secolo scorso ad oggi, è comprovato dal numero di ricorrenti
iniziative accademiche e professionali che cercano di analizzarne le cause per fronteggiarlo. Ed è confermato dal diffuso senso di nostalgia e disillusione per un modo di essere architetto, in
parte idealizzato collettivamente alla stregua del paradiso perduto2, in parte appagato da occasionali entusiasmi per il culto della sostenibilità, per le nuove estetiche vintage e per le celebrazioni
retrospettive. Dando luogo, con ciò, ad un sentire diffuso che ci rimanda allo spirito espresso dalla lettera del 1800 nella quale Friedrich Schiller, rispondendo alle osservazioni di Johann Wilhelm Süvern, ragionava sull’interpretazione e il riuso dell’antico replicando: “la bellezza è per una stirpe felice; alla generazione che ha perduto il paradiso e la pace non resta che il sublime a commuovere”3.